AMAA biography

28.05.2020



Threshold

Architettura è isolare uno spazio, un atto fondativo che stabilisce un momento di passaggio, da un luogo ad altro. L’architettura pone dunque le sue radici su un tale momento, portandolo a compimento in un elemento concreto, quello della soglia.

È qui che il progetto ha da sempre concentrato il significato del suo esistere.

Tutto ciò che la condizione di emergenza COVID è stato presto svanirà. La storia è ciclica e le grandi epidemie, la peste, l’ebola o la spagnola, e le terribili conseguenze di eventi traumatici, quali tsunami e terremoti, vengono dimenticati in favore di una nuova rinascita.

Nessuno di questi tragici eventi ha peraltro generato cambiamenti significativi nella concezione dello spazio architettonico, che ha continuato nella sua evoluzione legata alle necessità della propria epoca.

La soglia però potrebbe assumere in sé la memoria storica e mostrare le tracce dei mutamenti sociali. Un elemento, tanto minuto quanto radicale.

Uno spazio di ingresso (se si pensa al tema dell’abitare) che è luogo dove lasciare i pensieri e le inquietudini, per vivere più serenamente in famiglia all’interno della casa (come accade secondo le tradizioni indiana e orientali). Un momento che si trasforma in spazio architettonico dove si lasciano le scarpe e ci si lava le mani per abbandonare le impurità.

La soglia è dunque il luogo dell’inizio, della giornata, ogni mattina, così come l’occasione per ripartire dopo l’isolamento. Un luogo dove si attivano e si spengono le energie, anche lavorative.

L’architettura dovrebbe interrogarsi proprio su questo preciso spazio: un piccolo capolavoro in grado di mostrare le fragilità dell’uomo e la sua necessaria ricerca di conforto e sicurezza; un luogo in cui superare i propri limiti psico-fisici, lasciare le cose “pesanti” e dedicarsi alle riflessioni più profonde.

Il progetto per essere radicale non deve necessariamente aspirare ad interventi utopici o di larga scala; un piccolo intervento nella sua pragmaticità può cambiare le sorti del tempo e della vita di tutti i giorni.


Threshold

Architecture implies isolating a space; it is a founding act that establishes a transition from a place to another. Architecture is rooted in that moment, finding its fulfillment in a concrete element, the threshold. That’s where the project condenses the significance of its existence.   

What the coronavirus emergency situation has been soon will disappear. History is cyclical, and great epidemics, the plague, Ebola or the Spanish flu, and the terrible consequences of traumatic events, such as tsunami and earthquakes, are forgotten in favor of a new rebirth.

None of these tragic events has generated significant changes in the conception of architectural space, which has kept evolving according to the necessities of its historical time periods.

However, the threshold may assume historical memory, and show the tracks of social changes. An element, tiny and radical at the same time.

An entrance space (thinking about the theme of living) that is a place where to leave worries and concerns, in order to peacefully join your family in your home (as it happens in Indian and eastern traditions). A moment that transforms itself into architectural space where shoes are taken off and hands are washed to leave out impurities.

The threshold becomes the place of the beginning, of the day, every morning, as well as the chance to restart after isolation. A place where energies reawaken and turn themselves off.  

Architecture should truly question itself on this precise space: a small masterpiece able to show human vulnerability and its necessary search for comfort and safety; a place where humans can go beyond their psychophysical limits, where they can leave what’s heavy behind, and devote themselves to the deepest thoughts.

In order to be radical, the project does not necessarily have to aim for utopic or large scale works. A small action in its pragmatic core can change and affect time and every-day life.


Luigi Ghirri, Bagno San Vito, Statale per Ostiglia,1988

Luigi Ghirri, Formigine, 1985