WK.ARC La realtà estrema che stiamo vivendo ci porta a mettere in discussione i convenzionali modi di abitare, di appropriarsi dello spazio domestico e ci pone pertanto degli interrogativi sull’uso “straordinario” degli spazi che siamo “condannati” a vivere, mettendone in luce, al tempo stesso qualità e criticità. Cosa succederà quando ritorneremo alla vita “normale”? Saremo capaci di fare tesoro delle riflessioni maturate durante questa esperienza? Da quali principi ripartiremo per progettare il nuovo abitare, sia privato che pubblico?


“L'inaspettata esperienza che stiamo vivendo ci porta a ragionamenti e proposte per lo spazio domestico, favorendo tipologie abitative già conosciute ma spesso dimenticate, che ricorrono ad espedienti in grado di migliorare la qualità dell'abitare in maniera autosufficiente ed indipendente dal contesto esterno.
Non sappiamo se le riflessioni maturate, e sopratutto la presa di coscienza dei benefici ambientali percepiti grazie alla totale chiusura a cui siamo stati costretti, rimarranno tra i principali obiettivi da perseguire per cittadini ed amministratori. É invece evidente come il prossimo tema da affrontare sarà lo spazio pubblico e la sua fruizione come luogo di incontro, in una modalità sino ad oggi completamente inedita ed inaspettata.
Ciascuno di noi infatti è stato in grado di ricreare, con più o meno difficoltà, una propria dimensione domestica durante la quarantena ma oggi si rende necessario apprendere ed applicare un nuovo modo di incontrarsi e convivere per superare l'emergenza. Paradossalmente sarà più complesso adattarsi ad una Fase 2 di falsa libertà piuttosto che ad una Fase 1 di dichiarata cattività.”


WK.ARC Secondo la vostra esperienza, esistono nel passato esempi, riferimenti, immagini o progetti resilienti che meritino, di essere rianalizzati al giorno d’oggi ed eventualmente utilizzati come casi studio?


“Il progetto resiliente è la città stessa, capace di modificarsi in base al contesto e adattarsi alle esigenze dei cittadini, lo sta già facendo affrontando i temi obbligati del distanziamento fisico e della mobilità sostenibile. Modificandosi, anche solo temporaneamente per tornare ad essere fruibile e quindi viva perché come insegnava Aldo Rossi la forma della città è sempre la forma di un tempo della città, che muta intorno al cittadino durante la sua vita.
In questo senso anche la riscoperta e valorizzazione di parti del territorio dimenticate, come ad esempio le aree interne dell'appennino, diventerà una sfida da perseguire per restituire alle persone la possibilità di fruire di zone a bassa contaminazione con un rapporto tra qualità e costo della vita molto vantaggioso.
Il progetto Bassa Velocità punta proprio alla valorizzazione di quei luoghi attraverso l'uso di quanto già presente, rivisitato o modificato secondo le esigenze attuali, per la cittadinanza ma anche per stimolare un nuovo turismo capace di attrarre investimenti e rivitalizzare parti di territorio che erano state dimenticate.”


WK.ARC Credete che in un momento come questo, in cui viene necessariamente messo in discussione il nostro modo di vivere, rifugiarsi nelle utopie possa essere un punto di partenza per fornire nuovi scenari di vita?


“Un'utopia per definizione non trova riscontro nella realtà, è invece una proposta ideale, un modello da raggiungere verso cui orientare azioni, non deve essere quindi un rifugio, piuttosto un obiettivo a cui aspirare perché l’utopia già per Platone è prima di tutto il progetto di una società ideale.”


WK.ARC Nella prospettiva di un presunto cambiamento, sia in ambito privato quello che pubblico, quale sarà il futuro ruolo dell’architetto?

“Il ruolo dell'architetto ha sempre rivestito una posizione centrale nel dibattito della società civile per la capacità di generare idee capaci di soddisfare le esigenze della collettività, migliorare la qualità della vita e delle relazioni nel tempo.
Vista l'importanza di una visione unitaria e complessiva del progetto urbano è proprio compito dell'architetto il coniugare modelli già radicati e le più attuali necessità ai nuovi standard imposti e agli ambiti a disposizione, in un contesto che spazia dalla scala umana a quella urbana ed architettonica.
All'architetto viene oggi sempre di più richiesta la capacità di prefigurare una visione condivisa e coordinare le figure professionali specializzate da coinvolgere per realizzare questa visione.”


WK.ARC Come giovane architetto, quali pensi saranno le tematiche su cui dovremmo specializzarci? su cosa dovremmo investire?

“É risaputa l'importanza di una visione unitaria e complessiva del progetto architettonico ed urbano ed è riconosciuta anche la capacità dell'architetto di trovare soluzioni, come detto prima anche utopiche ma sicuramente inaspettate.
Le problematiche più impellenti sono quelle dettate dalla pandemia che ci ha colpito ma gli obiettivi futuri più interessanti saranno sicuramente quelli che vorranno ragionare sui temi della sostenibilità ambientale, coniugando le più avanzate tecnologie con la memoria e la storia dei luoghi, interpretando entrambe con linguaggi contemporanei.
L'architetto per recuperare e riaffermare il ruolo che gli spetta, interpretando e guidando la ritrovata sensibilità sociale verso l'ambiente e la società, deve usare le proprie competenze, date da una formazione che abbraccia gli aspetti tecnici e gli aspetti umanistici con un approccio olistico al tema di progetto ad ogni scala.”

WK.ARC  Citiamo come apertura per il dibattito le parole pronunciate nel 1972 da Giancarlo De Carlo
“Quanto a noi (…), cominciamo ad avere il dubbio che il nostro ruolo, oltre a essere precario, è anche ambiguo e che forse occorre revisionare il modo di fare architettura per restituire la legittimità a noi stessi e all’architettura. Possiamo allora dire che siamo pronti a cambiare direzione? Forse possiamo dire soltanto che la nuova direzione è aperta e che rappresenta una concreta alternativa, nel presente. (…) cosa cambia nell’architettura se si passa dalla tradizionale pratica autoritaria a una nuova pratica fondata sulla partecipazione. (…) In verità non ho intenzione di dire molto, perché non credo che si possa farlo: dopotutto la pratica della partecipazione si mette a punto attraverso la partecipazione”. Quale è il vostro punto di vista? Hai mai svolto o hai mai partecipato a progetti che si sposavano con questo tipo di filosofia?

“Ciclostile Architettura si occupa da dieci anni di porgetti partecipati a scala locale e territoriale con l'obiettivo di portare i progettisti, gli amministratori e la cittadinanza ad una conoscenza e ad una coscienza del territorio, che è la base di partenza per i progetti di valorizzazione e riqualificazione poiché premette di costruire un quadro di punti di vista, aspettative ed obiettivi dei vari attori.
É importante quindi sviluppare processi partecipativi che siano in grado di definire strumenti e metodi di analisi condivisi, al fine di proporre efficaci interventi di riqualificazione territoriale, ambientale, commerciale e sociale.
Si devono coinvolgere in ogni processo gli stakeholders in quanto soggetti attivi di un dialogo instaurato per mezzo di metodi di facilitazione verbale e visuale, e portatori di fondamentali apporti creativi per la determinazione di un futuro condiviso fra diverse culture e generazioni.
Vanno sviluppate nel gruppo di lavoro politiche educative di inclusione e coesione sociale, che attraverso il confronto inteso come partecipazione, portino al superamento dei contrasti imposti da stereotipi culturali e/o generazionali, per lasciare spazio ad un rinnovato senso di comunità, identità e appartenenza.



Il lockdown, ma più in generale la frattura che si è creata tra uomo e natura, impongono e stimolano nuovi stili di vita. Ce ne accorgiamo nelle relazioni quotidiane ma anche nel mondo del lavoro dove, sempre più spesso, ci viene chiesto di dare forma ad un modello del vivere non ancora standardizzato. Ca' Inua ne è un esempio, ed il pensiero dei nostri clienti riassume in parte questi concetti: “Noi non siamo contadini, veniamo dal mondo dell’arte contemporanea, Ca’ Inua è anche un atto sociale e culturale per diffondere e realizzare pratiche di vita sostenibili sia da un punto di vista umano che in relazione all’ambiente nel quale viviamo. L’arte e le persone, artisti e fruitori dell’arte, sono la forza del cambiamento. Siamo convinti che la direzione da prendere adesso per il futuro sia quella di fare scelte etiche al contempo per le persone e l’ambiente, progettare sistemi dove il rapporto tra natura e cultura sia armonico, ricordare che siamo ospiti e non padroni di questo Pianeta, fare con e non contro la Natura, essere consapevoli che maltrattare l’ambiente significa maltrattare noi stessi.”