Un luogo segreto colmo di una grande quantità di oggetti, affatto eterogenei, che colpiscono il visitatore direzionandone lo sguardo fin quasi a far sparire la forma pura delle stanze. L’apparente disordine della composizione di souvenir, oggetti d’artigianato, plastici, disegni elementari e piccoli rifiuti trasformati in ready-made è però in linea con la ricerca teorica di Friedman.1
Ha scritto Giorgio Agamben: «I poeti del ‘200 chiamavano “stanza”, cioè “dimora capace e ricettacolo”, il nucleo essenziale della loro poesia, perché esso custodiva, insieme a tutti gli elementi formali della canzone, quel joi d’amor che essi affidavano come unico oggetto alla poesia »4. Analogamente Yona Friedman, sembra dunque disporre la sua “stanza” come “grembo” della propria opera. (2005).4
Manuel Orazi
1.Yona Friedman, Rubbish is beautiful ovvero dell’utilizzazione dei rifiuti, in Id., Utopie realizzabili, Macerata, Quodlibet 2003.
4.Giorgio Agamben, Stanze. La parola e il fantasma nella cultura occidentale, Torino, Einaudi 1977.