Città vendute, anzi regalate, poi smembrate
Il Covid come tutte le malattie rivela fragilità, debolezze, assenza di difese capaci di far reagire positivamente l’organismo sotto attacco, particolarmente quegli organismi che il tempo ha logorato indebolendo punti vitali della loro organizzazione biologica. Le ha rivelate sulla pelle e nei corpi delle persone ma ha intaccato violentemente le città d’arte, progressivamente private della loro naturale coesione, fatta di strade, piazze ed edifici abitati da persone. La città storica ci aveva insegnato la contiguità spaziale e sociale come forma di condivisione ma anche di reciproco controllo e sostegno, di solidarietà.
Il continuo flusso di regali e concessioni fatte alle più disparate forme di ricettività, all’invadenza degli affari nei luoghi della residenza, le ha rese fragili culturalmente ed economicamente nel corpo e nell’anima dell’organismo urbano. La pandemia le ha invase e svuotate, ferendo ed uccidendo relazioni, attività, persone.
Gli inutili e scontati appelli, ad una urbanità post-covid indirizzata al diradamento/distanziamento urbano, alla fuga nei salvifici borghi non hanno colto l’essenza del problema. Non sanno leggere la lezione della città storica in quanto sempre e comunque città contemporanea. Il distanziamento fra le persone, quel metro o due che giustamente si invoca, non può e non deve essere un tradimento della loro primaria necessità, ossia della convivenza quale reciprocità e condivisione della città nello spazio urbano e nel tempo.
Il distanziamento affidato alle relazioni on-line non può e non deve sostituire la componente corporea, fondamentale, del dirci le cose, di viverci, di amarci ed odiarci.
La pandemia finirà ed a questa potrebbero succedere altre forme di disgregazione biologica o anche informatica, intercettabili e curabili in forza di una densità di relazioni che solo un organismo urbano composito e compatto può consentire quale legante culturale e sede della necessaria cura del proprio presente fatto della storia delle persone dei luoghi da tramandare al futuro.
Quella Storia, a proposito, che proprio in questi giorni qualcuno vuole emendare, ridicolizzare, fare a pezzi, ancora in nome degli affari.