Ho scattato questa fotografia durante un sopralluogo, un mese prima che l’epidemia si manifestasse in tutta la sua gravità. L’assenza di vita in un ambiente concepito per accoglierla ci sconcerta e disorienta, una sensazione simile a quella che proviamo durante questi giorni d’isolamento. Malgrado l’efficienza della tecnologia ci accorgiamo di come la nostra natura sociale sia incompatibile con la condizione presente. L’architettura è una disciplina che allena la capacità d’osservazione. Siamo abituati a leggere le qualità di uno spazio a partire da dettagli minuti, che sfuggono all’attenzione dei più. Una fortuna, ma anche una complicazione. Si dice che finito tutto questo saremo persone migliori, perché avremo chiaro in mente la differenza tra essenziale e superfluo. Non ne sono certo, ma ne sarei felice. Il mio auspicio è quello di sbucare dalla galleria avendo imparato qualcosa, non dai libri o dalla rete, ma attraverso i nostri sensi.