Rispetto all’architettura degli interni, credo si debba ripartire da alcuni principi distributivi che stavano alla base dell’architettura moderna. Penso alle regole che postulavano, nel disegno della pianta, l’adozione di una serie di “filtri architettonici”. Ad esempio la necessità di non avere un accesso diretto sugli spazi di vita, ma un articolato ingresso. Da questo si passava da un lato alla zona servizi (office, cucina), al centro alla zona giorno (dotata di ampie superfici vetrate e di uno sbocco all’esterno -balcone, giardino) e dall’altro lato al tanto deriso corridoio, su cui ciascuna stanza si apriva con una “bussola” che articolava la porta della camera e la porta del bagno. Una configurazione canonica 50 anni fa, e non certo a causa di virus vari ed eventuali, che ritengo attualmente recuperabile per potere creare spazi di filtro e addirittura di isolamento per ciascun abitante. Anziché lanciarsi in futuristiche analisi dell’architettura che verrà, comincerei a chiedermi cosa abbiamo perso dell’architettura che già avevamo. Ecco allora l’importanza di un attento studio delle piante, ad esempio, di Luigi Caccia Dominioni, di Umberto Riva o di Gianfranco Cavaglià. Consiglierei inoltre una rilettura dei famigerati Manuali dell’Architetto che in realtà contenevano enormi quantità di informazioni rispetto alle distanze minime tra le varie parti della casa. Invece che “inventare” potremmo tornare a studiare. Studiare innanzitutto la planimetria, ricordandoci che l’architettura degli interni nasce, sempre e comunque, dalla pianta (e, aggiungeva Lisa Ponti, “dal cuore”).
Discussing about interiors, I think we have to start from some of the distributional principles that were the basis of modern architecture. I refer to the rules that postulated, in the design of the plan, the adoption of a series of "architectural filters". For example, the need not to have direct access to living spaces, but an articulated entrance. From this we went from one side to the service area (office, kitchen), in the centre to the living area (equipped with large glazed surfaces and an outside -balcony, garden) and on the other side to the corridor, on which each room opened with a "compass" that articulated the door of the room and the bathroom door. A canonical configuration 50 years ago, and certainly not because of various and possible viruses, which I believe is currently good in order to create filter spaces and even insulation for each inhabitant. Instead of jumping into futuristic analyses of the architecture that will come, I would begin to wonder what we lost of the architecture we already had. Here, then, is the importance of a careful study of plans, for example, of Luigi Caccia Dominioni, of Umberto Riva or of Gianfranco Cavaglià. I would also recommend a re-reading of the old Architect's Handbooks which actually contained huge amounts of information referring to the minimum distances between the various parts of the house. In short, instead of "inventing", we could go back to study. First of all, study the floor plan, reminding us that the interior architecture is born, always and anyway, from the plan (and, added Lisa Ponti, "from the heart").